domenica 24 aprile 2022

 Class 14: Concupiscence



This class is about concupiscence and the last two commandments. The term “concupiscence” indicates a strong or intense desire. In the Western philosophical tradition, concupiscence is an essential component of the anthropological and ethical structure of the human being. We find it in Plato (in the Phaedrus) in the famous Chariot Allegory, in which the Charioteer has to drive a chariot drawn by two horses difficult to tame. With a similar meaning it is also found in the division of the parts of the soul offered by Aristotle.

In ethical and anthropological terms “concupiscence” does not have a negative meaning. In its broadest sense it indicates the inclination to the good as pleasant, which in itself is not evil but which should be informed by reason.

In theology, the meaning of concupiscence is fed by the positive philosophical connotation but takes on mostly a negative meaning. In fact, it indicates the disorder in our appetites that comes from original sin.

St. John in his first letter distinguishes three forms of concupiscence: lust of the flesh, lust of the eyes, and pride of life (1 Jn 2:16). Christian tradition has seen in this threefold distinction the root of all possible sins. In addition, it has interpreted in the light of these three meanings both the sin of Adam and Eve and the temptations of Jesus in the desert. Jesus, as the new Adam, resisted to those three temptations to which Adam had not resisted, and which include all possible temptations of the human being.

The threefold concupiscence is the subject of the last two commandments, the commandments of desire, which insofar as they safeguard our good intentions summarize “all the precepts of the Law” (Catechism of the Catholic Church n. 2534).

 Lezione 14: Concupiscenza


Questa lezione riguarda la concupiscenza e gli ultimi due comandamenti. Il termine concupiscenza indica un desiderio forte o intenso. Nella tradizione filosofica occidentale, la concupiscenza è una componente essenziale della struttura antropologica ed etica dell’essere umano. La ritroviamo in Platone (nel Fedro) nella famosa allegoria dell’auriga (il condottiero che deve guidare un carro trainato da due cavalli difficili da domare). Con un significato analogo la ritroviamo anche nella divisione delle parti dell’anima offerta da Aristotele.

In termini etico-antropologici “concupiscenza” non ha un significato negativo. Nella sua accezione più ampia indica l’inclinazione al bene come piacevole che in sé non è cattiva ma deve essere informata dalla ragione.

In teologia, il significato di concupiscenza si nutre dell’accezione filosofica positiva ma assume per lo più un significato negativo. Indica infatti il disordine nei nostri appetiti che deriva dal peccato originale.

San Giovanni distingue nella sua prima lettera tre forme di concupiscenza: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita (1 Gv 2,16). La tradizione cristiana ha visto in questa triplice distinzione la radice di ogni possibile peccato. Inoltre, ha interpretato alla luce di questi tre significati sia il peccato di Adamo ed Eva sia le tentazioni di Gesù nel deserto. Gesù, come nuovo Adamo, resiste a quelle tre tentazioni a cui Adamo non aveva resistito e che racchiudono tutte le possibili tentazioni dell’uomo.

La triplice concupiscenza è oggetto degli ultimi due comandamenti, i comandamenti del desiderio, che in quanto tutelano le nostre buone intenzioni riassumono “tutti i precetti della legge” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2534).


venerdì 2 settembre 2016

Class 7: Climbing Jacob's Ladder: The Mystery of the Church



This class addresses the nature of the Church and of the sacraments. These two concepts are closely related to one another. Sacrament means “mystery.” The mystery of the sacraments is the real presence of God’s divine action in our material world through visible and tangible signs. In the sacraments we see and deal with something material but what truly happens is that we are in direct contact with God.

This is what happened with Jesus Christ two thousand years ago. “Philip said to him, "Master, show us the Father, and that will be enough for us." Jesus said to him, "Have I been with you for so long a time and you still do not know me, Philip? Whoever has seen me has seen the Father. How can you say, 'Show us the Father'? Do you not believe that I am in the Father and the Father is in me?” (John 14:8-10).

The sacrament is the human body of Christ: the mystery of the true God walking with us on this earth as a man. After the Ascension and the Pentecost, Jesus remains on this earth with his body but this time we cannot see it. His body is here in mystery. This is why we call it the “Mystical Body of Christ,” which is the proper definition of the Church.

It is impossible to understand what the Church is without focusing on the mystery and the impact of the Incarnation on the entire history of creation. We live now in the “age of the Church,” in which Christ “lives and acts in and with his Church” through “the sacraments” (Catechism of the Catholic Church n. 1076).

It is only by framing correctly these concepts that we can properly understand and appreciate all the nuances and features of the Christian doctrine regarding the Church.

Class 7: Italian version




Questa lezione si concentra sulla natura della Chiesa e dei sacramenti. Questi due concetti sono strettamente connessi. Sacramento significa “mistero”. Il mistero dei sacramenti è la presenza reale dell’azione divina di Dio nel nostro mondo materiale attraverso segni visibili e tangibili. Nei sacramenti noi vediamo e ci rapportiamo a qualcosa di materiale ma quel che davvero succede è che entriamo in diretto contatto con Dio.

È quel che avvenne con Jesù Cristo duemila anni fa. “Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?” (Giovanni 14, 8-10).

È impossibile capire che cos’è la Chiesa senza mettere a fuoco sul mistero dell’Incarnazione e sul significato di esso per l’intera storia della creazione. Noi oggi viviamo nel “tempo della Chiesa”, in cui “Cristo vive e agisce” nella sua Chiesa “per mezzo dei sacramenti” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1076).

Se non si inquadrano correttamente questi concetti non si possono comprendere e apprezzare adeguatamente tutte le sfumature e le caratteristiche della dottrina cristiana riguardante la Chiesa.

Class 4: Italian version



Questa lezione affronta la questione del nome di Dio e dei nomi divini in generale.

L’inizio del Simbolo degli apostoli, “Io credo in Dio Padre”, ci invita a riflettere sui nomi di Dio e, in particolare, su quel nome che Egli rivelò a Mosè “nella teofania del roveto ardente, alle soglie dell'Esodo e dell'Alleanza del Sinai” (CCC 204):

Mosè disse a Dio: “Ecco, io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”. Poi disse: “Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi. . . Questo è il mio nome per sempre: questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione” (Es 3,13-15).

Questa è stata la “la rivelazione fondamentale per l'Antica e la Nuova Alleanza” (CCC 204). “Dio si è rivelato a Israele, suo popolo, facendogli conoscere il suo Nome. Il nome esprime l'essenza, l'identità della persona e il senso della sua vita” (CCC 203).

Il nome di Dio “Io-Sono” è misterioso ma rivela al tempo stesso una meravigliosa armonia tra fede e ragione, o tra filosofia e teologia. Ci sono infatti forti ragioni filosofiche per affermare, insieme a San Tommaso d’Aquino, che “Io-Sono” è “è il nome più proprio di Dio”.

Nella sua importante opera teologica, Summa theologiae, Tommaso offre un’analisi dettagliata della questione dei nomi divini. Egli spiega perché e in che senso alcuni nomi che noi usiamo per Dio possono esprimere la Sua essenza o sostanza. Una parte di questa analisi è dedicata al nome che Dio rivelò a Mosè nel roveto ardente.

In questa lezione, il Prof. Di Blasi riassume quel che dice il catechismo sui nomi di Dio e spiega come Tommaso affronta la questione dei nomi divini in generale e la questione del nome rivelato a Mosè in particolare.

Class 4: The Name of God



This class is on the name of God and the question of the divine names in general.

The beginning of the Creed, “I Believe in God the Father” invites us to reflect on God’s names, and in particular on the one He revealed to Moses “in the theophany of the burning bush, on the threshold of the Exodus and of the covenant on Sinai” (CCC 204),

“Moses said to God, "If I come to the people of Israel and say to them, 'The God of your fathers has sent me to you', and they ask me, 'What is his name?' what shall I say to them?" God said to Moses, "I AM WHO I AM." and he said, "Say this to the people of Israel, 'I AM has sent me to you'. . . this is my name for ever, and thus I am to be remembered throughout all generations” (Ex 3:13-15).

This revelation was the “fundamental one for both the Old and the New Covenants” (CCC 204). “God revealed himself to his people Israel by making his name known to them. A name expresses a person's essence and identity and the meaning of this person's life” (CCC 203).

God’s name “I AM” is mysterious but it also discloses a marvelous harmony between faith and reason, or between philosophy and theology. In fact, there are strong philosophical reasons to assert with St. Thomas Aquinas that “I AM” is “the most proper name of God.”

In his famous theological work, Summa Theologiae, Aquinas offers a very detailed analysis of the question of the “names of God.” He explains why and how some names we use for God can express His essence or substance. One part of this analysis is committed to the name that God revealed to Moses in the burning bush.

In this class, Dr. Di Blasi outlines what the Catechism says about God’s names and then explains Aquinas’ approach to the question of the names of God, in general, and the question of the name revealed to Moses, in particular.

Class 2: Italian version




Questa lezione si concentra sul significato della rivelazione cristiana.

Il secondo capitolo della prima parte del Catechismo si intitola “Dio viene incontro all’uomo”. Questo capitolo è come la soglia o la porta d’ingresso di tutta la nostra fede perché la fede cristiana non consiste solamente nel credere in Dio, ma nel credere in un Dio che viene su questa terra a dirci qualcosa. La rivelazione è un’azione soprannaturale, un miracolo, a cui dobbiamo rispondere con un atto di fede (che è oggetto del terzo capitolo della parte introduttiva del Catechismo: “La risposta dell’uomo a Dio”.

Dio crea noi e il mondo per restare qui con noi. È l’Emmanuele, “Dio con noi”. La rivelazione cristiana offre un’immagine molto speciale del mondo e della creazione: l’immagine di una natura che non è autonoma, vale a dire che non è fatta per funzionare bene senza l’aiuto e la presenza soprannaturale di Dio. La storia della rivelazione è la storia degli interventi soprannaturali di Dio nel mondo e nei nostri cuori sin dall’inizio nel giardino dell’Eden. I miracoli sono una parte cruciale della rivelazione.

Questa lezione affronta anche le cosiddette “fonti della rivelazione”, che sono la Sacra Scrittura e la Sacra Tradizione: la “trasmissione viva” della nostra fede “compiuta nello Spirito Santo” (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 78).